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Quello che accade nella stanza dello psicologo...

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Quello che accade in un percorso psicologico, si può pensare come ad una trasformazione delle esperienze in parole. 

Quegli aspetti della propria situazione che sono avvertiti come problematici, vengono identificati e interrogati per comprenderne il significato. 

Attraverso la narrazione della propria situazione, si rintraccia una certa ripetizione nelle esperienze, nei modi relazionali e affettivi, rispetto cui il passato ha un certo ruolo e può illuminare la situazione presente.

Un percorso ad orientamento psicoanalitico non mira solo a sbarazzarsi dei sintomi, ma a liberare le risorse della persona,  a far sì che possa sostenere i propri desideri.

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Perché non si può essere psicologi di se stessi?

 

Arrivare a sapere, a conoscere non basta!

Per ottenere qualcosa dell'ordine del cambiamento è necessario assumerci la nostra parte, cioè in che modo siamo implicati in prima persona in ciò di cui soffriamo. Arrivare a questo passaggio, necessario per farsene qualcosa della propria sofferenza, è possibile solo passando per un Altro da sé che tiene aperta la possibilità di interrogarsi. 

La tendenza di ogni persona è infatti quella di cedere alla difesa di non volerne sapere nulla della propria sofferenza! Attraverso la relazione con lo psicologo emerge l'inconscio, come ciò che non si lascia ingabbiare dal discorso cosciente dell'Io e il compito dello psicologo è proprio quello di sostenere l'alterità, il diverso che qualifica l'unicità di ogni persona.

Il passaggio attraverso un altra persona è ineliminabile per l'emersione del significato inconscio, ma lo psicologo non è sullo stesso piano dell'amico o del simile, piuttosto rappresenta uno specchio opaco che permette alle parole del paziente di non perdersi nelle aspettative proprie di ogni rapporto umano.