L’irruzione nella quotidianità degli attacchi di panico si dimostra tanto fulminea quanto inaspettata. Coglie la persona in momenti di assoluta calma, mentre sta facendo la spesa, mentre si rilassa dopo il lavoro. L’irruzione somiglia un po' a quella di un ladro in casa propria: uno sconosciuto entra di forza e in modo incontrollabile si manifesta, provocando terrore nel corpo e nella mente. I sintomi psichici e corporei di sudorazione, tachicardia, paura di morire o di impazzire non lasciano tempo: l’attacco di panico non aspetta.
Eppure, sebbene sembra non esserci alcun correlato logico in termini di tempistiche, questo panico ha proprio a che fare col tempo! Di frequente il panico si manifesta nella vita di una persona, in un momento di cambiamento, che sia un cambiamento positivo, come ad esempio la conclusione di un percorso universitario, oppure negativo, come la fine di una relazione.
Ma ha a che fare anche con i tempi odierni: i sintomi sono parte della contemporaneità, del tempo che abitiamo e questo clima di incertezza e di precarietà è lo stesso del panico.
Quando Freud ne parla in Psicologia delle masse fa proprio l’esempio di un battaglione in guerra: nel momento in cui il comandante, che teneva le fila del plotone, viene a mancare, allora saranno sciolti i legami e i soldati saranno obbligati a fare ognuno da sé. Allo stesso modo accade oggi, in un tempo in cui i legami sono meno stabili, siamo tutti più esposti al pericolo. Dunque, ha a che fare col clima in cui viviamo ma anche con i legami che intratteniamo.
L’attacco di panico si presenta quando qualcosa cambia nella vita, quando questo cambiamento scioglie i legami e le coordinate della vita di una persona, ma non è al passo con i suoi tempi. Può essere un cambiamento improvviso, ma anche aspettato: quello che non coincide è il tempo personale del soggetto di fronte al cambiamento, così si resta in un presente che terrorizza in quanto sganciato dal prima e dal dopo. È l’attacco di panico che segnala questa difficoltà, irrompendo e facendosi sentire con una forza tale da ancorare la persona al qui ed ora, obbligandola a sentire col corpo e con la mente quel cambiamento che le ha stravolto ogni coordinata logica dell’esistenza. Come un terremoto, l’attacco di panico è quanto di più lontano dall’essere addomesticata dalla volontà della persona, ciononostante, non è un sintomo incurabile. Tuttavia, se il panico può lasciare il posto alla paura o alla fobia in breve tempo, questo può non bastare a far sì che la persona torni a vivere e ad aprirsi alla vita: occorre che il sintomo sia inserito nelle coordinate logiche della vita della persona.
È il caso di A., che viene colta dagli attacchi di panico al culmine della sua carriera da avvocato. Nella vita perfetta che avevano auspicato i suoi genitori, tutto stava andando come volevano, se non fosse che A. non era per niente gratificata né interessata alle questioni di legge. Così quando finalmente entra a far parte di quello studio legale prestigioso, gli attacchi di panico le segnalano che sta cedendo rispetto al proprio desiderio, che quel tempo scandito dai successi legali non era il suo tempo, ma quello che volevano per lei i suoi genitori. La corsa alla laurea e poi al lavoro di avvocato non avevano lasciato spazio al desiderio di A., pressata dalle aspettative genitoriali e inchiodata alla loro domanda di successo e di prestigio. Gli attacchi di panico le permettono di scuotersi dalla posizione di brava figlia e di abbracciare un desiderio altro.
A. cambia lavoro, segue la sua passione per il mondo della ristorazione e diventa sommelier. Non è più il prestigio il metro di misura della sua esistenza ma la responsabilità di non cedere il passo alla domanda e alle aspettative degli altri.
Se qualcosa è saltato, se un equilibrio è andato perduto senza che il soggetto potesse reperirsi in quello che accadeva, allora è necessario che arrivi non solo a ripristinare una certa tranquillità di vita, ma anche a comprendere quale punto l’aveva messo in scacco: il rischio è che il panico si trasformi in altro, come per esempio una dipendenza dal legame, che assicura un soccorso dal panico ma che al tempo stesso introduce alla schiavitù dell’altro piuttosto che al legame libero.
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