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Writer's pictureAngela Ciervo

I capricci dei bambini: è così importante imparare immediatamente a gestirli?



Quando i capricci di un bambino diventano frequenti e incontrollabili, può accadere che i genitori si sentano stanchi e frustrati, a volte persino impotenti e inclini a qualsiasi concessione utile a far cessare il capriccio, convinti di non avere altri strumenti.



L’unico modo è cedere al capriccio, sperando che finisca in fretta, soprattutto se si è in pubblico.


Spesso al bambino si dice che “sta dando spettacolo”. I genitori si vergognano, preoccupati da ciò che penseranno gli altri.

Dunque una delle soluzioni che il genitore può trovare è quella di fare in modo che il bambino non vada incontro a frustrazione alcuna, così da evitare ogni possibile fonte di capriccio.

In questo modo però si sta insegnando al bambino l’evitamento: non solo che evitare il problema è una soluzione, ma soprattutto che le emozioni negative fanno paura. Devono essere soppresse, evitate, sconfitte.

Il bambino sarà privato dell’occasione di confrontarsi con le proprie emozioni negative, in un contesto familiare per lui rassicurante. Come imparerà ad affrontare le avversità, se non con l’aiuto dell’adulto?

Se anche l’adulto è spaventato dal capriccio, come può il bambino calmarsi?

Il capriccio mette in moto due bufere emotive: da un lato quella del genitore, dall’altro quella del bambino.

Il genitore sarà preoccupato di farlo smettere, portato all’agire, in un momento in cui il bambino sta già agendo! Il bambino sta agendo una frustrazione, attraverso il capriccio apre la porta della sua stanza delle emozioni all’adulto. Sono emozioni incontrollate quelle che escono dalla porta del capriccio. Emozioni che il bambino in quel momento non riesce a gestire, come potrebbe l’adulto? A volte i genitori vorrebbero semplicemente che il bambino si calmasse: “non piangere, non urlare”.

A queste richieste a volte il bambino non può rispondere. Non può perché quanto più il capriccio è frequente e indifferenziato, tanto più sta esprimendo una difficoltà: il capriccio è l’unico strumento che in quel momento il vostro bambino ha a disposizione per mostrarvela.

Non possono esserci buone regole o buone guide per gestire il capriccio perché non c’è un bambino uguale ad un altro, così come non c’è un capriccio identico ad un altro. Ogni bambino è unico, così come sono uniche le sue difficoltà.

Forse allora sarebbe il caso di sospendere l’agire, di provare a vedere il capriccio come un’opportunità, più che un problema da cancellare quanto prima possibile. Sì, un’opportunità! Per il bambino, di trovare un’ altra occasione di esprimersi, per l’adulto di non giudicarsi un genitore incompetente e di accettare che chiedere un aiuto ad un esperto, può essere un modo per aiutare il proprio bambino a crescere, insieme a lui.


Quando il capriccio non è “solo un capriccio”!


Si può davvero pensare che sia solo la frequenza dei capricci a fare problema?

Certo, se il capriccio si ripete, se diviene una delle modalità privilegiate di rivolgersi all’altro, è facilmente individuato come problema.

Un capriccio insistente, ripetuto in modalità e situazioni diverse, diviene una preoccupazione di non poco conto. Trovarsi continuamente alle prese con capricci persistenti e inscalfibili, vuol dire, per i genitori ed il bambino non incontrarsi.


La genitorialità, secondo Recalcati, è sempre adottiva, implica l’adottare un “sì”, che dà un senso all’esistenza del bambino.


Accogliere l’esistenza del bambino nonostante e soprattutto di fronte alle sue difficoltà, che sono inevitabilmente anche dei genitori.

Il pericolo di considerare il capriccio “solo un capriccio” è quello di partire alla ricerca di metodi pratici, veloci e risolutivi. E’ possibile che adottando modalità differenti di affrontare il capriccio, questo diventi più gestibile. Ma davvero, l’unica preoccupazione dev’essere quella di gestire meglio il capriccio?

Il rischio di pensare che si tratta solo di un capriccio, è quello di non accogliere la difficoltà del bambino, di non dire sì alle sue difficoltà.

La difficoltà era davvero solo quella della gestione? O si tratta di qualcosa di diverso, che si esprime in quella modalità tanto fastidiosa del capriccio?

Forse sarebbe il caso di chiedersi se risolta momentaneamente la modalità capriccio, accantonato il problema capriccio, per quel bambino non rimangano ben altri problemi, sottofondo di una sofferenza, educata ad essere repressa, ignorata, incolpata, che potrebbe tornare in altre forme di disagio.

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